I nuovi diritti dei datori di lavoro e i troppi (e poco remunerati) doveri dei lavoratori
La pandemia ha generato una serie indiscriminata di reazioni. Miglioramento del sistema, politici che lavorano (!) di notte durante i festivi, allerta di guerre globali, migliaia di vittime.
Vi è molto altro ancora, però. E non parlo della crisi dell’economia che c’è o che verrà, dei titoli acquistati dalla BCE, delle mascherine introvabili.
Vi è una guerra sottesa. I datori di lavoro si trovano a dover fronteggiare più situazioni difficili:
1. Datori attivi: rientrano quelle tipologie di datori (soprattutto i supermercati) che devono osservare le nuove disposizioni fatte di distanze e mascherine ma che hanno un’utenza e un guadagno piuttosto alto. Hanno anche bisogno di assumere ma non vi sono incentivi specifici per chi assume durante la crisi. Sono gli stessi che devono far fronte alla domanda crescente di alcuni beni alimentari con il problema del rifornimento a causa della chiusure di alcune attività. Si tratta, infine, di chi oggi non può più permettersi di non essere in regola, anche con il lavoro nero, per l’inasprimento dei controlli.
2. Datori passivi: gli imprenditori off-game. Imprenditori di ogni dimensione che nessuno sa se riapriranno o meno, costretti a serrande chiuse da decreti sonnambuli e ordinanze comunali disarmoniche in quanto ritenuti portatori di beni non essenziali.
3. Datori in stand by: il riferimento è alle categorie degli strumentali, a coloro che cambiano veste di produzione per non esser chiusi. Armani ora veste medici in abito da lavoro.
Per i lavoratori, poi, la protezione impartita dal governo giunge oltre tutte le aspettative. Qui la permanenza domiciliare fiduciaria è una pacchia da fanfaroni che tornano dal nord a bighellonare e marinano così facilmente il lavoro.
Ma i miei preferiti restano gli irriducibili, e non parlo solo di coloro a cui San Pietro ha già messo le chiavi da parte (medici, infermieri, forze armate, protezione civile, cassieri..). No. Per loro è previsto un premio speciale, un giusto, equo ed omnicomprensivo bonus, mi tremano le mani quando leggo detassato, in virtù dell’indispensabilità del lavoro svolto, senza la quale l’Italia si sarebbe inesorabilmente fermata: cento euro riparametrati per le giornate di lavoro effettivamente prestate. Diviso i giorni di lavoro medio mensile fanno poco meno di cinque euro al giorno. Beh, mi sembra equo, direi patriottico, stimare poco meno di cinque euro al giorno il rischio di ammalarsi per poi crepare a casa nella denegata ipotesi di complicazioni, considerato che il nostro sistema sanitario non riesce a processare tutte le richieste di soccorso. No, loro sono stati baciati dal bonus. Infine, concedetemi un minuto di commemorazione a chi lavora in smartworking, da sempre o in costanza di covid-19. Mi riferisco alle partita iva, ai professionisti. Per loro il tempo sembra fermarsi, posti in isolamento fiduciario in case sempre troppo strette, obbligati a convivere con una quotidianità che hanno sempre sfuggito, spinti alla deriva da un lavoro – chissà se mai verrà remunerato – senza sosta, accompagnato dal sottofondo musicale di cartoonito, dettato da decreti e circolari sabatine. Per loro non esistono biscottini e cupcake da postare su instagram a tutte le ore del giorno. Non hanno alcun diritto alla libertà, poi progressivamente neppure al week end, infine neppure a pranzare, per intercessione diretta dei click day delle ore 13. Sono quelli che seguono in diretta Sua Santità, ma a cui non viene concessa alcuna indulgenza.